In occasione de “I mostri di guerra” abbiamo pensato di intervistare il giovane autore Sergio Belo, buona lettura!
Ciao Sergio, ti ringraziamo innanzitutto per sottoporti a questa intervista, volevamo iniziare l’intervista con alcune domande relative alla tua mostra, in corso fino a 13 aprile qui nello spazio espositivo PR2 di Ravenna
In merito ai “Mostri di guerra”, quante opere della serie hai prodotto finora?
Sergio: La serie “Monsters Of War” non è ancora finita, purtroppo, così come la guerra. Ho fatto già più di 30 opere.
Abbiamo letto che in precedenza eri solito rappresentare “robot”: potremmo perciò considerare quella dei “mostri”, una fase della tua carriera pittorica, come in qualche misura lo sono stati i robot?
Sergio: Ho disegnato robot in grafica e non appena mia madre mi ha comprato tele e vernici e mi ha chiesto di dipingere, sono apparsi mostri. I mostri non sono associati con i robot, anche se ci sono forme geometriche, si tratta solo un altro tipo di mostri.
Qual è stato il momento della tua vita in cui ti sei reso conto che l’arte poteva aiutarti ad esprimere le emozioni che provavi e rielaborarle in una visione personale?
Sergio: Esprimo le mie emozioni nell’arte, nel disegno, fin dall’infanzia.
I titoli che attribuisci alle tue creazioni sono curiosi ed interessanti: come avviene la decisione? I nomi sono collegati ai soggetti che decidi di “ritrarre” e poi rielaborare su tela? Oppure prima concepisci i tuoi personaggi e poi, solo a dipinto ultimato, attribuisci loro un nome? (ad es. “Prigioniero” o “Cacciatore”)
Sergio: Inizialmente vedo l’immagine del mio personaggio, poi inizio a disegnarlo e durante la creazione si capisce già chi è: un cacciatore, un prigioniero o un mostro con il sorriso della Gioconda. I nomi dei dipinti sono dati da mia madre, dopo aver chiesto “cosa è dipinto qui?”
Sappiamo che tra le varie tendenze pittoriche a cui ti ispiri rientrano l’espressionismo astratto, l’espressionismo di strada di Basquiat ed al contempo l’arte aborigena. Queste influenze emergono chiaramente nelle tue tele, a partire dall’intensità dei toni di colore e dall’energia delle pennellate: quali sono gli aspetti fondamentali, che ti hanno colpito di queste correnti artistiche?
Sergio: Quelli che mi ispirano di più sono personaggi degli anime, piuttosto che eroi di film e libri. Non conosco bene gli aborigeni, mentre mi piacciono molto i graffiti.
Comunemente il concetto di mostro porta con sé una valenza negativa: la tua serie di opere dimostra che possono esistere anche mostri “positivi”. Esiste una differenza tra mostri buoni e non? In quale modo il visitatore può percepire le differenze o le somiglianze?
Sergio: I miei mostri non sono né cattivi né buoni, sono normali come gli umani, ma non sono affatto umani.
Siamo a conoscenza del fatto che i tuoi dipinti sono, nella maggior parte dei casi, il frutto di “ispirazioni” notturne. Qual è il motivo che ti spinge a preferire la notte come momento di creazione artistica?
Sergio: Sono un gufo, al mattino dormo a lungo, quando non è necessario andare a scuola, durante il giorno sono pigro e gioco ai giochi per computer, mentre di notte arriva l’ispirazione e con sé la voglia di lavorare.
Come vivevi la tua dislessia prima di intraprendere la carriera artistica? È cambiata la tua percezione della dislessia in seguito alle occasioni in cui hai avuto la possibilità di esporre i tuoi dipinti e dare sfogo al tuo talento creativo?
Sergio: Convivo normalmente con lei (la dislessia), è solo che mi considero un genio per tutta la vita e basta. Il fatto che i miei genitori organizzino le mie mostre non è importante per me, perché tanto già so che tutto andrà bene nella mia vita.
Quanto ha influito, per te, il supporto delle persone che ti stanno accanto, come la tua famiglia?
Sergio: I miei genitori e la mia famiglia mi amano e mi sostengono finanziariamente-questo è abbastanza per me
Infine, volevamo chiederti: i tuoi compagni di classe ed i docenti sono a conoscenza della tua carriera artistica? Come l’hanno presa?
Sergio: I miei insegnanti conoscono e aspettano le mie mostre, invece non lo so se miei compagni di classe lo sanno, non mi importa.
Grazie ancora a Sergio Belo per averci raccontato del suo percorso.